HARRY, IL VETERANO A CACCIA DI RICORDI

© Giuseppe Porzani Fotolia.com
Harry Shindler

 

Sicuramente qualcuno di voi avrà già sentito parlare di Harry Shindler, un veterano inglese della seconda guerra mondiale e instancabile “cacciatore di ricordi”.  Ma non si tratta di un signore qualunque che aggrappato ai suoi ricordi cerca di rivivere il passato. Harry- che ha combattuto la seconda guerra mondiale in Italia partecipando allo sbarco di Anzio e alla liberazione di Roma- oggi è un arzillo novantenne che vive nel nostro Paese dal 1982  e rappresenta l’associazione dei reduci inglesi. Ha una missione nella vita: aiutare figli e nipoti di civili e soldati che vissero quell’immane tragedia, a mettere la parola «fine» a storie dolorose e toccanti sommerse da oltre sessant’anni di oblio. Scoprire dove sono sepolti i resti di centinaia di prigionieri anglo-americani uccisi dal fuoco amico in Umbria; rintracciare il relitto di un bombardiere disperso; riallacciare il rapporto con partigiani che hanno aiutato i combattenti alleati; o anche solo aiutare a ritrovare un militare, seppur nemico, che ha salvato la vita a un familiare. E di recente ha scritto un libro insieme al giornalista Marco Patucci dal titolo “La mia guerra non è finita”, edito da Dali editore.  Il testo è un memoir commovente, un doppio viaggio nell’Italia della guerra che unisce il passato al presente. Il primo, quello del giovane Harry, vissuto in presa diretta sul campo di battaglia durante i mesi cruciali della campagna anglo-americana. Il secondo è un percorso a ritroso nel tempo, a caccia di ricordi e fantasmi che non trovano pace. La figlia di un aviere australiano scomparso quando lei aveva un anno, che conosce il padre solo per la lettera in cui le scriveva che combatteva per la democrazia. Oppure la ricerca di una donna abruzzese e sua figlia, delle figlie di un soldato inglese che l’aveva aiutata a partorire ed era poi morto al fronte, lasciandole come ricordo di sé una foto con le sue bambine. Piccole storie che non trovano posto nei libri di storia, ma che ci dimostrano quanto lontano arrivino gli strascichi di quel conflitto che stravolse il Novecento, unendo a volte nel bene i destini di persone che ancora si cercano, anche solo per un grazie.

Ed ecco un passo del libro: «Buongiorno signor Shindler, ho letto di lei qualche tempo fa su “la Repubblica” e apprezzo enormemente il lavoro che fa, il tentativo di ricostruire pezzi di passato e di vita mancanti. Così le vorrei chiedere se può aiutare un amico a trovare una tessera importantissima del suo passato. Si chiama Luigi Fiori, oggi presidente dell’Associazione nazionale partigiani di Lerici, e prima di diventare il comandante partigiano “Fra’ Diavolo” era un giovane ufficiale dell’esercito italiano. Ed è proprio in questo periodo che si colloca il suo vuoto. La mattina del 10 settembre 1943, in mezzo al caos generale dell’Armistizio, Luigi venne inviato all’aeroporto militare di Centocelle a Roma. Era al comando di cinque uomini e indossava una divisa da sottoufficiale. Qui vennero fermati da un paio di autoblindo tedesche e il maresciallo nazista, che evidentemente parlava un po’ di italiano, dopo avergli chiesto se era ufficiale gli disse queste precise parole: “Mettere borghese e scappare”. Il primo pensiero fu quello di un’uccisione alle spalle durante la fuga, ma il maresciallo li lasciò veramente fuggire salvando loro la vita. Luigi avrebbe sempre voluto sapere chi era questo maresciallo grazie al quale è ancora vivo, ma non ha mai saputo come trovarlo. Pensa sia possibile in qualche modo riuscire a scoprire chi fosse?» Grazie, Monia Fossile- Reggio Emilia, agosto 2010». 

Ad Herry la cittadina di San Benedetto del Tronto conferirà la cittadinanza onoraria il 18 giugno 2012.

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