FAR LO SCEMO PER NON ANDARE ALLA GUERRA

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In passato più che in epoca moderna si usava l’ espressione: “Far lo scemo per non andare in guerra” che fa pensare a persone che vogliono strategicamente fare gli scemi per evitare di far riconoscere la propria idoneità ad affrontare pericoli che possono comportare situazioni difficili di vita. Molti sono i pericoli in agguato nel mondo esterno, ma sono più frequenti quelli che derivano da un mondo interno dove ribollono emozioni primitive non metabolizzate contro cui ci si costringe a proteggersi formando una barriera protettiva , di stupidità, appunto.

Antonino Ferro, eminente psicoanalista contemporaneo, ha ben illustrato, in un seminario su la cura psicoanalitica, svoltosi a Pisa all’inizio di questo anno in corso, la difesa della stupidità eretta contro il dolore intollerabile e attivata da un’area della mente in cui sensazioni grezze restano frammentate e ammassate a formare grumi inibenti del pensiero: fa l’esempio di una sua paziente che in seduta gli sembrava tanto scema per cui temeva di subire da lei l’istigazione al suicidio. Succedeva che egli, analista, durante le sedute, in cui tossiva abbastanza frequentemente, ad ogni colpo di tosse, la paziente  si mettesse a ridere a crepapelle: comportamento paradossale e incomprensibile il cui senso potè svelarsi solo dopo molte sedute analitiche come collegato al ricordo, che nasceva nella ragazza, della nonna agonizzante sul letto di morte . Ella, racconta Ferro, diveniva sempre più scema ed egli sempre più a rischio di suicidio , con vissuti di disperazione, che, ovviamente, erano il segno che l’ analista cominciasse a cogliere gli aspetti disperati e depressivi della mente della paziente, che infine quasi come un’ ancora di salvezza gettò nel campo analitico questo sogno:  «Avevo una scodella piena di riso, dovevo mangiare ma mi accorgevo che sotto la superficie c’era uno strato, una specie di pappetta disgustosa di animaletti, frammenti sminuzzati di piccoli schifosi insetti: una specie di salsina fatta da scarafaggi, cavallette, lombrichi, formiche , ecc.».

Divenne chiaro al pensiero analitico che questa salsa rappresentava il mondo interno della paziente, nel quale sensazioni ed emozioni molto spiacevoli non potevano essere mentalizzate , trasformate cioè in buon cibo commestibile per la mente. Quando grazie al lavoro analitico entra in contatto con questo mondo , la ragazza comincia a mostrare di essere persona sensibilissima, e molto intelligente , lasciandosi alle spalle l’ ocaggine eretta a difesa contro la possibilità di contattare angosce profonde di frantumazione, di sgretolamento, di depressione. La stupidità (nevrotica) dunque è solo una maschera che serve alla persona a protezione , una maschera che ottunde le capacità intellettive e creative della mente , e che può essere dismessa solo se compresa in questa sua funzione di restringimento degli orizzonti della vita: il lavoro psicoanalitico scioglie la maschera di cera specie quando riesce ad aiutare il paziente a fare quei sogni che egli non riesce a fare , a sognare ciò che non può essere sognato perché divenuto sintomo psicopatologico: dunque ‘sognare il sintomo’ è la via regia verso l’apertura della mente al pensiero, alla creatività, alla ricerca , alla scoperta, e verso la libertà da scomodi vestiti di piume di Oca.

Nunzio Lucarelli

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